mercoledì, settembre 17, 2008
Polenta e radicchio
Mi ricordo che ero piccola e mingherlina. A cena, nella casa di famiglia dove viveva anche lo zio, c'era il solito pasto di polenta, radicchio ed un pezzo di formaggio a testa. Avevo circa 10 anni.
Gli uomini tornavano dai campi e dalla stalla, avevano piatti più pieni, un uovo ciascuno ed un bicchiere di vino.
Eravamo in 7 in famiglia e, come succede ogni tanto ad ogni ragazzina sentivo il bisogno di impormi, di attirare l'attenzione e, nonostante la fame ho dichiarato ad alta voce «Non ho fame» ed ho allontanato il piatto.
Mi mordevo le labbra aspettando che mi chiedessero cosa desideravo, se stavo bene, se desideravo un po' di carne o se preferivo pane e latte e latte tiepido.
Lo zio Daniele, persona di indole buonissima, mi rispose tranquillamente «Si. Fai bene» poi alzando gli occhi chiari dal piatto «ogni tanto ci vuole proprio un giorno di digiuno. Poi si va di corpo ed il giorno dopo la fame torna come sempre».
Nessuno replicò. Io non mangiai nonostante la fame nera e, successivamente, non provai più ad impormi a tavola.
Il racconto è Enny, di mia madre, slovegna (ho parlato degli slovegni in un mio precedente post). L'evento dovrebbe risalire più o meno al 1948~50.
Ho trovato il racconto interessante perché fornisce molti spunti sul nostro rapporto con il cibo ed i suoi significati simbolici, per arrivare fino ai figli, le loro richieste e le nostre risposte.
~