La cosa più fastidiosa della disprassia è che gli tutti gli altri, semplicemente, non capiscono. Il 6% della popolazione (cioè poco più di uno su 20) è afflitto da una qualche forma di disprassia dell'età evolutiva. Eppure i restanti 19, siano essi compagni, insegnanti, allenatori, dottori e persino mamme e fratelli, ti trattano come uno che non ascolta e, nel migliore dei casi, non si impegna.
Pensate all'amicizia, che nasce dal fare insieme, dal giocare; e sappiamo tutti che non esiste gioco che non si nutra di un minimo di competitività.
Un bambino disprassico, in genere, troverà enormi difficoltà:
- Nell'andare con i pattini a rotelle o con lo skatebord
- Nel giocare a calcio, a pallacanestro, a pallavolo, a tennis
- Cantare e suonare (come si può pretendere che una persona con la parte del cervello deputata al controllo motorio poco sviluppata sia intonato o rispetti il ritmo?)Nel nuoto
- Nel tirare le freccette (non solo a far centro, anche nel prendere semplicemente il bersaglio)
- Nei piccoli giochi d'abilità di cui i bambini si vantano da sempre:
- schioccare le dita,
- battere la stecca,
- fare i nodi (dal fiocco ai nodi marinai che si utilizzano in barca o a scout)
Alla scuola materna, quando mio figlio aveva 5 anni, avevano realizzato un diagramma relazionale. Si tratta di un cerchio in cui i bambini sono rappresentati come punti sulla circonferenza. Ad ogni bambino viene chiesto di tirare alcune freccie da se stesso verso i migliori amici.
Gabriele era l'unico a non essere puntato da nessuno.
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